Biografia

Testo di Leonardo Sciascia (Corriere della Sera – luglio 1986)

Nato a Siracusa nel 1938, Gaetano Tranchino a Siracusa vive senza inquietudini che non siano quelle della ricerca, dell’ approfondimento e perfezionamento dell’ arte sua: sereno, appagato, senza alcuna ansietà ed affanno ad inseguire la notorietà, il successo. Raramente si allontana dalla sua città: in occasione di qualche sua mostra in Italia e all’ estero – o di mostre altrui, ma di pittori che sommamente lo interessano.


Gaetano Tranchino nel suo studio a Siracusa

 Stranamente, stante l’ imponente ciarlataneria che nel campo dell’ arte (si dice per dire, arte: poiché frequente ne è la negazione) trova spazio, Tranchino è riuscito a guadagnarsi il suo con mostre, a distanza di qualche anno tra l’ una e l’ altra, in prestigiose gallerie; e riscuotendo l’ attenzione dei critici più avvertiti e perciò meno legati a tendenze più o meno inautentiche , più o meno mistificatorie. Non gli è mancata, peraltro, l’ attenzione di scrittori non addetti ai lavori di critica d’ arte: e particolarmente è da segnalare la presentazione che Vincenzo Consolo ha fatto per la mostra di qualche anno fa alla milanese Galleria Trentadue…


Gaetano Tranchino e Ferdinando Scianna (Bagheria, 1985)

 … guardando le sue pitture si può se mai far qualche richiamo a De Chirico, a Savinio, a Giuseppe Viviani. Ma più puntuali e sollecitanti vengono i richiami letterari. A Borges che in questi ultimi anni è stato per Tranchino congeniale nutrimento: come lo scrittore che la sua pittura in un certo senso attendeva.


I cinque della medaglia

E a Conrad, che giustamente Antonello Trombadori ricorda nel discorso introduttivo al catalogo. E non è che faccia pensare a Conrad la presenza, nei quadri di Tranchino, del mare, delle navi che sembrano emergere dal fondo marino, cariche di escrescenze e incrostazioni, dei marinai confitti nell’ immemore stupore. E’  piuttosto, a far pensare a Conrad, la presenza di un destino, del destino.


(Foto: Daniele Aliffi)

 

IN ENGLISH

Born in Siracusa in 1938, Tranchino has never been away except for very short periods, to attend his exhibitions or to see those of other artists whom he find congenial, in Italy and abroad.

I believe his longest stay away was in Paris, to learn the technique of aquafortis, a means of expression that increasingly attracts him (and we should also note, in the last few years, the greater intensity of his drawing, a stronger element of design in his painting).

Oeininger said that you can be born and you can die, but you cannot live, in Siracusa. He was thinking, perhaps, of Platen, who went to die there.

But Tranchino not only lives there serenely, but relives its distant myths (which at times appear as  “citations” of De Chirico, of Savinio)  and those of childhood: between the sea and the countryside, in the exhumed splendour of an incomparable civilization.

Translated by Peter Glendening